Dei delitti, del pene.

Sono mesi che ho in lavorazione questo testo. Lo inizio, lo interrompo perché la vita esige il suo tributo e quando lo riprendo sono successe talmente tante cose che mi blocco al pensiero di doverle inserire tutte.

Uno dei mie problemi più gravi anche se meno evidenti (?) è la smania della perfezione, che tutto sia lindo e lucido, a festa, impeccabilmente adatto al contesto imminente e sufficientemente granitico da durare nel tempo senza perdere lo smalto.
Impossibile, inutile, ma le nevrosi sono difficili da superare.

Comunque, tornando al tema, abbiamo un problema con il cazzo.

E ce l’avete pure voi.

Non starò qui a riepilogare il numero impressionante di femminicidi e stupri (tre soltanto negli ultimi due giorni) oppure a ricordarvi che la scorsa settimana un giudice ha dimezzato la pena ad un uomo perché ha ucciso la compagna in preda ad una “tempesta emotiva” o, peggio, che soltanto il mese scorso un bambino di sette anni è stato massacrato dal compagno della madre perché con la sorellina di nove, giocando, aveva rotto la sponda di un lettino appena comprato. Ucciso. A botte. Prendete un bel respiro e ripetete questo concetto cento volte poi se ce la fate andate in terapia due volte a settimana per assicurarvi che l’idea vi procuri il giusto sgomento e smarrimento e disperazione e nausea e desiderio di cambiare questo sistema.

Sì perché qui parliamo di un sistema, quello patriarcale, che è ancora ben saldo in ogni società contemporanea e il cui simbolo, il cazzo appunto, è una persecuzione cronica per il genere femminile ma ormai in modo conclamato, esplicito e sdoganato, anche per qualunque soggettività non si conformi al modello base maschio, bianco, etero, cisgender, abile, alpha o presunto tale.
Questo organo del corpo maschile da mero strumento di piacere e riproduzione si trasforma in un’arma vera e propria che tenta di imporci il suo potere con la forza da quando nasciamo a quando moriamo, si spera di morte naturale.

E non sto parlando degli stupri e delle rappresentazioni più orribilmente plastiche di questo discorso ma di tutto il cazzo quotidiano che siamo costrette ad affrontare per arrivare salve a fine giornata.

Le disparità nel carico familiare, le disparità salariali e di opportunità di carriera, le mani sul culo in autobus, i commenti e le battute sessiste su ogni stramaledetto argomento dal caffè alla macroeconomia a ogni ora del giorno, le tette e le bocche sempre disponibili i ogni pubblicità di qualunque prodotto, il genio di turno che a reti unificate da’ della zoccola o del frocio al malcapitato di turno.

E noi giù a spendere centinaia di euro per comprare libri che rappresentino la vita un po’ meglio di così, giù a spiegare alle bambine e ai bambini che hanno gli stessi diritti e doveri, che possono piangere, mettere il colore che preferiscono, sottrarsi alla rappresentazione forzata dei fidanzatini e fidanzatine a cinque anni, che il corpo è il loro e nessuno ha il diritto di toccarli se non vogliono, manco i genitori. Giù, via, a fare salti mortali per proteggerli da una realtà schifosa che incalza, etichetta, definisce, giudica e sentenzia.

Poi, sempre più tristemente, a cominciare a pensare di dover insegnare alla propria figlia strategie e tecniche per imparare a capire cos’è una molestia e cercare di evitarla.
Doverla deludere dicendole che sì, purtroppo, in ogni ragazzo o uomo che incontrerà sulla sua strada potrebbe annidarsi un cazzo che non ha ancora superato la fase de “il mondo è mio, tu pure, faccio come mi pare, a bona vie’ qua, l’amore è bello quando è litigarello, dai era solo uno schiaffo, che te sei messa addosso, ‘ndo stavi co’ chi perché come te permetti, lo faccio perché ti amo troppo, se ti vesti così vuoi provocare”. Doverla rassicurare sul fatto che potrà amare chi vuole e nessuno le potrà imporre l’orientamento sessuale a suon di botte o stupro (eh sì, è successo anche questo: un padre ha stuprato la figlia per insegnarle l’amore dal verso giusto).

Cari padri, fratelli, figli, amici e parenti vicini e lontani, dovrete impegnarvi molto ma molto di più se volete davvero convincerci che avete capito che avere il cazzo, oggi, soprattutto in un paese come l’Italia, può significare essere nati sotto una bruttissima stella, quella che vi ha fatto crescere nell’idea che siete i primi, quelli normali, quelli a cui tutti gli altri devono assomigliare, che avete più diritti e più opportunità soltanto perché le altre e gli altri non si sono impegnati abbastanza, non c’è nessun favoritismo e nessun diritto di nascita.

Vi crederemo quando vi vedremo portare il vostro cazzo, finalmente libero da stereotipi e piagnistei del “ma io non sono così” (guardati intorno, sei una minoranza, lavora per diventare maggioranza), a tutte le manifestazioni in cui le femministe chiedono rispetto, parità, libertà e autodeterminazione per tutte e tutti.

Vi crederemo quando vi vedremo scendere in piazza da soli, non per sostenere aberrazioni come il Decreto Pillon ma per chiedere a gran voce la paternità obbligatoria paritaria, i nidi aziendali, il part-time, i permessi per andare dal pediatra, gli sgravi fiscali per le famiglie, l’educazione affettiva e sessuale nelle scuole, il ritiro delle pubblicità che sessualizzano i bambini, politiche concrete di contrasto al sessismo nello sport, sostegno psicologico per i genitori e gli educatori per imparare a riconoscere la violenza di genere e combatterla.

Vi crederemo quando vi vedremo fare un passo indietro di fronte a una compagna e una collega più competente, quando rinuncerete a dire la vostra se non aggiunge niente al discorso e una donna l’ha già detto meglio di voi.

Vi crederemo quando vi sentiremo fare discorsi diversi negli spogliatoi, quando sarete visibilmente imbarazzati dalle frasi dei vostri amici, dei vostri politici o artisti di riferimento e lo esprimerete con convinzione e senza paura di essere sminuiti, isolati, presi in giro per questo.

Vi crederemo quando smetterete di pensare al vostro cazzo come misura del mondo perché il fastidio che provate a volte a parlare con le femministe e gli attivisti LGBTQI dipende dal fatto che per noi le questioni di genere (per definirle nel modo più largo possibile) sono un’emergenza quotidiana che osserviamo e cerchiamo di combattere da sempre, spesso da sole, osteggiate, insultate, uccise.

Non è poi così strano che non vi sentiate protagonisti o sufficientemente considerati, non lo siete e non ci siete abituati. Però potete essere solidali e sodali riconoscendo per primi che il genere maschile ha un problema enorme, un problema che dovete cominciare ad affrontare da soli prima di tutto. Un po’ di autocoscienza sarebbe già moltissimo e vi assicuro che vi renderebbe molto più digeribili anche a quelle che voi considerate “integraliste” e che secondo voi vi odiano perché avete il cazzo.

Non vi odiamo, siamo solo molto occupate, tra le altre cose, a fare in modo che il vostro cazzo torni ad essere semplicemente quello che è, un organo, e non l’arma di distruzione di massa più pericolosa del pianeta.